"È stata la mano di Dio" è l’ultima grande opera del regista napoletano Paolo Sorrentino che racconta la sua città natale con immenso romanticismo.

Uscito ormai da qualche mese sulla piattaforma Netflix e in corsa per l’Oscar al Miglior Film Internazionale, il film si apre con un’ampia ripresa aerea del golfo di Napoli e pian piano il regista ci fa addentrare nel cuore della città, rappresentata in modo incantevole attraverso l’impeccabile regia di Sorrentino.

Sarà proprio questa Napoli romantica lo sfondo delle vicende del protagonista Fabio Schisa (Filippo Scotti) e della sua famiglia, altalenando tra momenti di spensieratezza a veri e propri drammi familiari.

Diego Armando Maradona: la mano di Dio

Ma il vero protagonista è sicuramente Diego Armando Maradona (“la mano de Dios”) nonostante sia quasi del tutto assente. La figura di Maradona permea e scandisce le vite di tutti i personaggi del film… proprio come un Dio.

Ma perché questo calciatore è così importante per i napoletani? Che cosa ha fatto per esse idolatrato in questa maniera tanto smodata?

Sono queste le domande che tutti noi, non partenopei, ci siamo posti per più di trent’anni e questo film è la risposta a tutto.

La maestria come regista e come sceneggiatore di Paolo Sorrentino l’hanno portato al compimento di una impresa titanica: comunicare una intera cultura, e i personaggi che ci vengono presentati ne sono il riflesso, con tutto il loro essere fanatici, sfociando addirittura nell’ossessione.

Ne è la prova uno dei personaggi del film che, ancor prima della conferma del trasferimento di Maradona al Napoli, manifesta la sua ossessione con la celebre frase “Se Maradona non viene al Napoli, io mi uccido” con il tono più serio del mondo.

L'attesa: tra sacro e profano
Infatti tutta la prima metà del film è un’attesa, l’attesa di una conferma o di un segno divino, e ogni personaggio vive a modo suo questa attesa, tra speranza di alcuni e il pessimismo di altri.

Ma alla fine il miracolo si compie e Maradona appare a Napoli e nella vita di tutti i partenopei come una figura legata sia al sacro che al profano.

Da qui capiamo perché Maradona sia tanto importante per i personaggi e per tutta la città: egli infonde speranza nelle vite di tutti, diventa artefice di miracoli grazie alla sua mano.

Fino alla fine del film la sua presenza sarà determinante nella maturazione dei personaggi, del protagonista in particolare e una volta arrivati ai titoli di coda, ci sembrerà di aver vissuto una delle parentesi più importanti della storia di Napoli.

Il film possiede una dote comunicativa perfetta, riuscendo dove altri hanno fallito, dove solo un abile sceneggiatore come Paolo Sorrentino poteva trionfare.
Ma prima di essere sceneggiatore, Sorrentino è soprattutto un napoletano e il suo amore per Napoli traspare ovunque.

La storia, permeata anche di elementi autobiografici, ci portano in una città quasi onirica che ci ingloba e ci fa sentire parte di essa.
Per due ore ci sentiamo napoletani e una volta finito il film, Maradona diventerà parte anche di noi spettatori.